Fuga di massa dei capitali all’estero
Economia in pillole, per principianti
Evasione fiscale, elusione, tangenti… ieri
La fuga di massa dei capitali all’estero è un fenomeno ormai consolidato e conosciuto. Soldi ricavati in modo spesso illecito, frutto d’evasione fiscale, elusione, tangenti o altro vengono trafugati verso paradisi fiscali nei modi più svariati, talvolta anche molto originali. La fuga di capitali all’estero, o capital flight (per dirla all’Inglese) può andare dalle poche decine di migliaia di euro a molti milioni. In alcuni casi veramente eclatanti, il combinato dei capitali in fuga all’estero verso (l’ex) paradiso fiscale della Svizzera ha raggiunto persino i miliardi di euro!
Per molti anni, si è cercato di far luce sul traffico di capitali, d’analizzarlo, di scoraggiarlo con accordi internazionali di trasparenza e con espedienti sempre più sofisticati e computerizzati, fino ad arrivare quasi al “grande fratello fiscale”.
L’utilizzo integrato di tutti questi mezzi permetteva e permette di scoprire ingenti quantità di denaro depositato su conti esteri, più o meno cifrati.
Nel passato lo Stato riusciva a far rientrare in modo forzoso parte dei capitali. Una quantità massiccia e crescente d’altri denari era invece troppo ben nascosta o inaccessibile per forzarne il rientro e quindi si procedeva a vere e proprie “amnistie fiscali” o condoni fiscali, se non adirittura a scudi fiscali (condoni con benefici aggiuntivi, quali anonimato e protezioni aggiuntive). Se l’evasore cooperava e faceva tornare i soldi in Italia, lo Stato condonava la parte penale del reato ed applicava solo una multa.
I dati sull’evasione fiscale che spesso si trasforma in una fuga di massa dei capitali all’estero sono impressionanti: statistiche di Confindustria rivelano che siamo arrivati a cifre record da capogiro: 122 miliardi di euro evasi nel 2015! Il solo dimezzare di tale cifra porterebbe ad un’aumento del 3,1% del PIL!
Quello che l’articolo menzionato non dice – anche perché proviene da fonti filo-governative, che tendono a raccontare un presente e futuro molto positivi – è che da quella cifra immensa a oggi sono stati portati alla luce solo 15 miliardi. Non solo, risulta che la cifra che si stima verrà effettivamente a tornare nelle casse dello Stato sarà di soli 4 miliardi!
Misure anti-evasione o condoni fiscali?
LA7 – Video e notizie su programmi TV, sport, politica e spettacolo
Il rientro dei capitali oggi sta rallentando
La fuga di massa dei capitali all’estero non si è certo arrestata nemmeno ora. Anzi, nonostante la quantità di denaro rimpatriato sia ancora in leggero aumento, i risultati dell’ultima campagna di rientro sono ampiamente al di sotto di quanto pianificato. Il governo, con la sua tipica passione per l’Inglese, ha varato un pacchetto di provvedimenti chiamato: volountary disclosure (auto-denuncia volontaria in Italiano). Nelle intenzioni, il programma di rientro dei capitali avrebbe dovuto riportare in Italia molti soldi. Effettivamente ci sono stati rientri ma non nella quantità sperata. Siamo ancora di fronte ad una vera e propria emoraggia di capitali.
Voluntary disclosure: proroga e rischio coperture – PMI.it
Il motivo per cui il rientro da questa fuga di massa dei capitali all’estero non stia avendo la forza prevista, è dovuta sia ad un’avvio pasticciato della normativa inerente la volountary disclosure, che ad un fatto storico, legato in parte alla crisi: non c’é più molto senso a far rientrare i capitali.
Non c’é più molto senso a far rientrare i capitali
Ogni tentativo d’arrestare o almeno rallentare la fuga dei capitali all’estero non può prescindere dalla congiuntura economica in cui vive l’Italia e, in misura minore, l’Europa.
In passato, per un’evasore aveva moltissimo senso usufruire dei vari condoni e scudi fiscali: essenzialmente si “ripulivano” soldi ottenuti in modo illecito che al loro rientro diventavano valida liquidità da reinvestire in immobili, aziende o persino titoli azionari o del Tesoro.
Bisogna infatti decifrare la mentalità ed il profilo dell’evasore: persona sicuramente interessata al proprio denaro al punto di sottrarlo al fisco. E’ facile, persino elementare, prevedere che in una situazione d’assenza delle tasse, tale personaggio investirebbe tali capitali in attività che gli fruttino ancora più denaro.
Il fallimento del governo sul rientro dei capitali
Con la volountary disclosure il governo puntava a recuperare circa 3 miliardi di euro detenuti illegalmente all’estero ma i soldi pronti a rientrare sarebbero ad oggi meno di 700 milioni.
Oggi, il profilo dell’evasore fiscale è rimasto invariato: vuole ancora far fruttare il denaro che riesce a riciclare, “scudare” o sottrarre al fisco. Cosa è cambiato, quindi, per cui la fuga dei capitali all’estero non accenni a diminuire mentre i rientri siano sempre più difficoltosi?
E’ cambiato lo scenario economico. Al giorno d’oggi l’economia non riparte, le sofferenze bancarie aumentano, la deflazione persiste. L’evasore, personaggio molto attento ai suoi investimenti, non vede più un motivo valido per far rientrare i capitali detenuti all’estero. Deve naturalmente tener conto delle multe che dovrà pagare e cosa poi effettivamente fare della rimanenza. Al giorno d’oggi le prospettive sono piuttosto limitate. Allo stesso tempo, altri Paesi, danno molte più garanzie di solidità e convenienza.
- Titoli di Stato? Al giorno d’oggi danno una rendita estremamente bassa, nonostante il rating quasi a livello “spazzatura” dell’Italia. L’evasore non rientrerebbe mai della multa.
- Titoli azionari? La Borsa è dominata dai bancari e le banche stanno passando un periodo di svalutazione rilevante, alcune hanno avuto bisogno del salvataggio. Altri titoli tradizionalmente solidi sono stati ridimensionati o in crisi (inclusa la congiuntura del prezzo del petrolio) se non hanno adirittura lasciato la Borsa Italiana: Saipem, Eni, FCA…
- Immobili? Anche gli immobili hanno pesantemente perso di valore. A meno d’essere ben introdotti nell’ambiente dei pignoramenti e cessioni fallimentari, non c’é modo di fare dei buoni profitti, tantomeno dei sicuri profitti. Lo stesso evasore ha inoltre a disposizione l’Unione Europea, che gli apre mercati molto più convenienti quali ad esempio quello delle Isole Canarie. Ad esempio, a Tenerife (n.d.R: dove attualmente vive l’autore) un monolocale uso turismo vista mare avrebbe reso:
- dal 30% del suo valore in su, se comprato nel 2013 e rivenduto a fine 2015. Oggi i prezzi sono saliti di molto e quindi i rendimenti sono calati, ma se non altro sono ancora positivi!
- 300-400 euro a settimana se concesso in affitto.
- Aziende? Investire e fare impresa in Italia è essenzialmente impraticabile. A meno di non essere già sul mercato da molti anni e d’aver trovato una nicchia molto lucrativa (attrezzi da ginnastica, apparecchiature medicali, farmaceutico) e non alla portata dell’evasore medio, le aziende in Italia non fanno grandi utili. Anzi, molte sono in perdita e chiudono anche oggi che si vede un barlume di ripresa. La vera e propria oppressione fiscale che le affligge, scoraggerebbe anche un’investitore motivato. Quasi ovunque fuori dall’Italia si può trovare un fisco meno ostile, una burocrazia meno bizantina ed una vera politica nazionale sulla crescita industriale. Tanto per fare un’esempio, lo scrivente vive in un Paese dove la pressione fiscale sulle aziende va dal 35% in giù (non in su) e dove le aziende straniere possono accedere a regimi fiscali agevolati che in alcuni casi possono comportare un’imposizione pari a solo il 4%!
Diventa quindi chiaro come sia conveniente lasciar perdere lo scudo fiscale italiano e cercare direttamente d’investire estero su estero.
Per cercare d’invertire la rotta e fermare la fuga di massa dei capitali all’estero diventa sempre più necessario smettere esclusivamente di cercare nuovi modi per perseguire gli evasori. E’ necessario con urgenza andare alla radice delle cause del problema: altissima tassazione, burocrazia asfissiante, storica colpevolizzazione ideologica degli artigiani, consulenti ed imprenditori.
Più aumenta il divario tra la convenienza di fare investimenti ed impresa in Italia e quella di farli in altri Paesi, più questa fuga di capitali all’estero avrà sempre meno incentivi a rientrare, scudi fiscali o meno.